Mercoledì sera, mentre ero di servizio in Pubblica, avevo notato sul cellulare un sms inviatomi da un'amica di vecchia data, chiedendomi quando sarei partito per le vacanze.
Per risponderle, ho preferito chiamarla piuttosto che inviarle un freddo messaggio.
Mai idea fu tanto bella!
Tra una chiacchiera e l'altra, siamo arrivati d'un colpo a organizzare una visita a casa mia per il giorno successivo. L'idea era di trascorrere del tempo assieme, chiacchierando in giro per la città, cenando a casa di un amico (ed ora collega di lavoro) in una zona poco distante e restando a dormire a casa mia, essendo solo ed avendo spazio a disposizione.
Mi è piaciuto molto organizzare senza pensarci troppo; come sempre, mi sa di spontaneità, voglia di fare, curiosità ed apertura al nuovo.
Così, in effetti è stato.
Ci siamo incontrati nel pomeriggio di giovedì. Dopo che sono uscito dal lavoro, siamo stati in piazza ad ammirare i palazzi e la torre, a parlare delle nostre vite, confidandoci (più lei che io, purtroppo). Tra una sua sigaretta e un'altra ... due passi verso la fortezza, luogo che non aveva mai visitato, con una punta in ricevitoria per sfidare la fortuna al superenalotto. Nella fortezza, fermi nel punto panoramico che a me piace più di tanti altri, sfilò fuori dal suo zaino la macchina fotografica a cui più tiene e me la consegnò tra le mani, cominciando a spiegarmi, da brava insegnante di mestiere, come fare fotografie. Mi aveva incoraggiato a fare foto, a trovare la mia vena ispiratoria ma, non conoscendo quest'aspetto di me, cioè che più mi viene chiesto di far qualcosa, più mi blocco, di foto alla fine non ne ho fatte neanche una.
Da li, ci siamo diretti verso il parcheggio della fortezza per prendere l'auto e spostarci verso casa ... giusto per il tempo di darci una rinfrescata ... farle vedere gli ambienti di casa ... usare internet e ... nel frattempo ... eravamo già in ritardo per andare a casa di Michele.
La sosta alla coop per comprare una bottiglia di vino è stata tardiva; abbiamo però ripiegato per un dolce, preso in un bar sulla strada per raggiungere il nostro amico.
Il tragitto da casa mia verso quella della persona che stava per conoscere è stato particolare per lei, almeno ho avuto questa sensazione, perchè è rimasta molto colpita dallo scenario naturalistico di quei luoghi. Curiosamente ... per scherzo aveva indicato una casa di pietra, sognando di averne una così, un giorno ... non sapendo che era proprio la casa di destinazione!
E giù a ridere!
Un rapido sguardo nei dintorni, valutare la possibilià di fare qualche foto ... nessuna ispirazione ma tanta fame e voglia di salire su, entrando in casa di Michele.
Con lo sguardo perso e meravigliato per la bellezza dell'appartamento in affitto, purtroppo temporaneamente ... troppo temporaneamente ... l'ho accompagnata per un giro turistico della casa nel mentre che il cibo finisse di cuocere e ... via alla serata.
E' stato bello vedere come due persone che non si erano mai viste prima, si trovassero in gran sintonia. Hanno trovato subito motivo di dialogo parlando delle proprie passioni: la fotografia. Tra una portata e l'altra, poi, i discorsi si facevano sempre più personali e confidenziali.
Non trascorrevo del tempo così da almeno due anni, da quando uscivo con lei e stavamo ore ed ore a confidarci, a parlare delle nostre vite, a scambiarci le nostre opinioni, i nostri sentimenti, i nostri timori ... le nostre speranze.
Un confessionale all'aperto, tra la tavola e l'uscìo di casa, senza regole, senza limiti.
Un bisogno fortissimo di sfogarsi ... lei ... tra chissà quanti altri motivi, per causa del suo ex che l'aveva tradita con quella che poi diventerà la sua migliore amica ... e la voglia di liberarsi di alcune ansie ... io ... per causa di lei ... che mi aveva creato troppi pesi e timori, principalmente dopo la fine della nostra relazione.
Per un certo tempo, Michele e Felicia hanno voluto mantenere il discorso su di lei, arrivando a pronunciare le stesse parole dette tra tanti messaggi, e-mail e telefonate: lei con la sua esplicità volontà di rimanere sola, pregandomi di lasciarla crescere da sola e continuando, nonostante questo, a frequentarmi ... io con ciò che avevo percepito di lei guardando due film che, a suo avviso, spiegavano benissimo la sua situazione in quel momento. Quando un ben preciso pomeriggio le inviai un messaggio, facendo riferimento a cosa pensavo ... "innamorarsi di una persona è quasi come innamorarsi di sè" ... la sua risposta colpì, come sempre in queste occasioni, dritto al cuore: "quando vuoi sai essere geniale".
Gli sfoghi, sia suo che mio, mi sono serviti per continuare a riflettere sul mio passato, sui miei sentimenti. L'ho fatto inconsciamente anche durante il sonno, sognando Felicia e Michele che continuavano a parlarmi di lei.
Al mattino, mi sono alzato con uno spirito diverso.
Sentivo Felicia muoversi per la casa, entrare in bagno, fare la doccia, forse anche truccarsi dato che sentivo rumori di oggetti che venivano appoggiati ... spostarsi in camera e riuscire verso la cucina.
Non ero fisicamente presente con lei in quei momenti ma riuscivo ad immaginarla, la vedevo compiere tutte quelle azioni quotidiane, nella mia mente. Ho pensato che sarebbe stato bello poterle immortalare con una foto ma, essendo la situazionie troppo intima e non essendoci intimità tra di noi, fare quelle foto non mi era concesso. Sarebbe stata un'invasione barbarica nella sua vita.
Ma ... una volta entrata in cucina e pronta sul balconcino per fare colazione ... ho trovato la mia ispirazione ... il mio impulso. Ho ancora una volta provato la sensazione di essere innamorato di me stesso, con tutti i miei difetti, con quei pregi ... come due anni fa ... grazie a lei ... grazie a Felicia.
lunedì 10 agosto 2009
lunedì 3 agosto 2009
Volersi bene per non farsi del male
La settimana scorsa, quando ero in servizio in Pubblica Assistenza con due persone che ritengo tra le migliori dell'associazione, era uscito fuori il discorso sul volersi bene.
Sua figlia, mi raccontava Marcello, stava attraversando un periodo di crisi amorosa per colpa di un ragazzo che, pur frequentandola, non era sicuro sui sentimenti e chiedeva una pausa di riflessione.
Marcello, comprensivo sul periodo adolescenziale della figlia, ma fino ad un certo punto, ormai arrivato al limite della sopportazione, proclamava come soluzione proprio il concetto di volersi bene, di non soffrire più a causa di quel ragazzo, di mettere al centro prima di tutto se stessa.
Non sono riuscito a trovare tempo da allora per scrivere, ma ci ho pensato sopra di tanto in tanto. Ho pensato, ad esempio, come levarmi dalla testa "lei", la persona che da due anni a questa parte mi ha totalmente distrutto nella mente e che mi ha generato tantissima confusione e tanti, troppi complessi, fobie che si riflettono nelle relazioni con gli altri, esaltando quelle incapacità che mi porto dietro da una vita.
Incapacità che sono totalmente svanite con lei, rendendomi conto che so essere bravo nell'accudire l'altro, quando provo qualcosa di molto forte ... ma probabilmente non me stesso.
Questa sera, digitando su Google le parole "volersi bene" è uscito come link la pagina che allego qui di sotto e che mi ha particolarmente colpito.
Descrive proprio quanto la mia autostima sia troppo bassa, inesistente forse.
Descrive anche quelle mie sensazioni di incapacità, che in passato non mi hanno permesso di avere una relazione con una ragazza.
Aggiunge anche di farsi un regalo ogni tanto ... qualcosa che non riesco a sopportare se fatto dagli altri; qualcosa che sottovaluto se sono io stesso a farmene, tipo ultimamente con la macchina, sulla quale non ho voluto fare grossi salti di gioia per evitare di subire ulteriori mazzate indesiderate.
Ancora più importante, parla della troppa severità ed autocritica: qualcosa che mi opprime. Paradossalmente, riesco ad essere tanto critico con me stesso ma molto comprensivo e dolce quando gli altri si autocriticano.
Curiosità: il motore del mio comportamento è proprio la frase del Vangelo alla quale la scrittrice si ispira: non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te stesso, l'equivalente di ama il prossimo tuo come te stesso.
"Mi sono chiesta quale contributo valido dare: l'argomento è estremamente vasto, ma mi premeva fornire qualche stimolo che fosse di valido ausilio a chi non si limita a lasciare che la vita gli scorra addosso, ma a chi ne vuole essere anche il protagonista (agente attivo).
Vorrei quindi parlare di un amore particolare, quello per se stessi. Io preferirei chiamarlo in altri termini ed infatti d'ora in poi parlerò della capacità di volersi bene, fatto dato per scontato dai più, ma in realtà molto trascurato.
Non è possibile amare gli altri se non amiamo noi stessi: la stessa frase cristiana: "Ama il prossimo tuo come te stesso"molte volte viene travisata. Ci si impegna ad amare gli altri attraverso gesti di beneficenza o di mutuo soccorso, senza sapere amare noi stessi ed è inutile dire che chi non si ama non sa amare fino in fondo.
Provo a spiegare meglio lo stato di fatto. E' un dato, alquanto triste, che buona parte della nostra educazione venga svolta sottolineandoci gli errori che compiamo, piuttosto che elogiando le cose buone che facciamo. E' ovvio che crescendo introiettiamo il genitore normativo (secondo l'analisi transazionale o ci costruiamo un super-ego secondo la psicoanalisi.. poco importa), quella "vocina" interiore sempre pronta a criticare, a sottolineare gli aspetti negativi, rispetto a quelli positivi.
E' ovvio che in questo modo, più che essere "sostenitori " di noi stessi, diventiamo i nostri più acerrimi nemici: ci critichiamo per ogni piccola cosa, non siamo neppure in grado di riconoscerci tutte le piccole cose positive che facciamo o abbiamo fatto: semplicemente le svalutiamo con le scuse più futili...era mia dovere...era una cosa che chiunque avrebbe saputo fare... era cosa banale... ecc.
Purtroppo quando siamo così severi ed intransigenti con noi stessi, tendiamo ad esserlo anche con gli altri, il che non semplifica i rapporti, anzi tendiamo ad erigerci a giudice di ciò che l'altro compie, seguendo esclusivamente i nostri parametri. Se lavoriamo 15 ore al giorno per un senso di inadeguatezza, poi colpevolizziamo chi lavora le 8 ore canoniche, tacciandolo di essere un lavativo e così via...
Molti di noi purtroppo non sanno volersi bene e perdonarsi per il fatto di essere imperfetti e quindi diventano estremamente rigidi con se stessi: non si danno mai una gratificazione, morale o materiale che sia, sono sempre pronti a criticarsi anziché a sostenersi e darsi auto-appoggio.
La critica fine a se stessa, quella del genitore interno (potevi fare di più, meglio, potevi stare più attento) non è una critica costruttiva, porta solo a un indebolimento dell'immagine del sé, ad una scarsa autostima e ciò non è utile né per la persona, né per chi gli sta accanto.
Volersi bene significa mettersi al primo posto nella nostra scala di valori esistenziali: mettere al primo posto i nostri bisogni rispetto a quelli degli altri ed evitare inutili critiche, a meno che non siano costruttive.
All'apparenza può sembrare un discorso egoistico ed egocentrico, ma nella realtà si rivela ben più proficuo per noi e per gli altri.
Ad es. se io metto al primo posto un'altra persona che non sia io stessa, poi cercherò di soddisfare i bisogni dell'altra prima dei miei... ma non è dato sapere quali siano i bisogni prioritari dell'altra persona e nel frattempo trascuro i miei, aspettandomi che l'altro, considerato il mio sforzo, si attivi per far fronte ai miei...
Quello che molto spesso accade, non essendo possibile la lettura del pensiero altrui, è che noi ci sforziamo per soddisfare bisogni dell'altro, che dall'altro non sono vissuti come tali, ma sono solo nostre proiezioni su ciò di cui l'altro avrebbe bisogno/necessità, nel frattempo trascuriamo noi stessi, ma poi pretendiamo che il fatidico "altro" si faccia carico di ciò di cui abbiamo bisogno....
Credo che già il bisticcio di parole renda chiara l'idea della situazione alquanto complessa in cui ci andiamo a porre assumendo un tale atteggiamento.
Volersi bene, mettersi al primo posto, non è indice di egocentrismo o egoismo: è il primo passo per stare bene con se stessi e col mondo, è il primo passo per mantenere le nostre energie al massimo in modo tale da averne a disposizione anche per gli altri... Da una batteria scarica non si ricava niente, né per sé, né per chi ci sta attorno....volersi bene, proteggersi e sostenersi è il primo grande passo che possiamo fare per potere essere di aiuto anche agli altri, per poterli amare nel vero senso del termine.
Chi non sa amare se stesso con i propri limiti, come potrà accettare quelli degli altri?
Preferisco comunque la frase "Ama il prossimo tuo come te stesso" anche se non sono religiosa: mi piacerebbe tanto che molte persone riflettessero sul significato profondo insito in questo comandamento. A parte qualche psicopatico, nessuno di noi tratta il prossimo come se stesso: critiche, squalifiche, non conferme e chi più ne ha...più ne aggiunga! Nessuno tratterebbe il proprio miglior amico come tratta se stesso... E questo è volersi bene???
Il mio articolo, come anche quelli che potete trovare sul mio sito, non sono rivolti agli "addetti ai lavori" ma vogliono essere solo uno spunto per riflettere o pura e semplice informazione.
Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la costanza di leggere fino all'ultima riga e anche quelli che si sono arrestati prima, con la speranza comunque di aver trasmesso un messaggio di amore che ognuno di noi deve a se stesso... se vuole esserci come presenza attiva nel confronto degli altri.
D. C.
PS: Permettetemi ancora una regola che io vado dettando a tutti i miei pazienti/clienti (tutto dipende dal loro grado di pazienza: tanta pazienza=pazienti, poca pazienza=clienti :) )
Non permettere a nessuno, soprattutto a te stesso, di farti del male! "
http://www.cuorinellatormenta.it/spazio_d
Sua figlia, mi raccontava Marcello, stava attraversando un periodo di crisi amorosa per colpa di un ragazzo che, pur frequentandola, non era sicuro sui sentimenti e chiedeva una pausa di riflessione.
Marcello, comprensivo sul periodo adolescenziale della figlia, ma fino ad un certo punto, ormai arrivato al limite della sopportazione, proclamava come soluzione proprio il concetto di volersi bene, di non soffrire più a causa di quel ragazzo, di mettere al centro prima di tutto se stessa.
Non sono riuscito a trovare tempo da allora per scrivere, ma ci ho pensato sopra di tanto in tanto. Ho pensato, ad esempio, come levarmi dalla testa "lei", la persona che da due anni a questa parte mi ha totalmente distrutto nella mente e che mi ha generato tantissima confusione e tanti, troppi complessi, fobie che si riflettono nelle relazioni con gli altri, esaltando quelle incapacità che mi porto dietro da una vita.
Incapacità che sono totalmente svanite con lei, rendendomi conto che so essere bravo nell'accudire l'altro, quando provo qualcosa di molto forte ... ma probabilmente non me stesso.
Questa sera, digitando su Google le parole "volersi bene" è uscito come link la pagina che allego qui di sotto e che mi ha particolarmente colpito.
Descrive proprio quanto la mia autostima sia troppo bassa, inesistente forse.
Descrive anche quelle mie sensazioni di incapacità, che in passato non mi hanno permesso di avere una relazione con una ragazza.
Aggiunge anche di farsi un regalo ogni tanto ... qualcosa che non riesco a sopportare se fatto dagli altri; qualcosa che sottovaluto se sono io stesso a farmene, tipo ultimamente con la macchina, sulla quale non ho voluto fare grossi salti di gioia per evitare di subire ulteriori mazzate indesiderate.
Ancora più importante, parla della troppa severità ed autocritica: qualcosa che mi opprime. Paradossalmente, riesco ad essere tanto critico con me stesso ma molto comprensivo e dolce quando gli altri si autocriticano.
Curiosità: il motore del mio comportamento è proprio la frase del Vangelo alla quale la scrittrice si ispira: non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te stesso, l'equivalente di ama il prossimo tuo come te stesso.
"Mi sono chiesta quale contributo valido dare: l'argomento è estremamente vasto, ma mi premeva fornire qualche stimolo che fosse di valido ausilio a chi non si limita a lasciare che la vita gli scorra addosso, ma a chi ne vuole essere anche il protagonista (agente attivo).
Vorrei quindi parlare di un amore particolare, quello per se stessi. Io preferirei chiamarlo in altri termini ed infatti d'ora in poi parlerò della capacità di volersi bene, fatto dato per scontato dai più, ma in realtà molto trascurato.
Non è possibile amare gli altri se non amiamo noi stessi: la stessa frase cristiana: "Ama il prossimo tuo come te stesso"molte volte viene travisata. Ci si impegna ad amare gli altri attraverso gesti di beneficenza o di mutuo soccorso, senza sapere amare noi stessi ed è inutile dire che chi non si ama non sa amare fino in fondo.
Provo a spiegare meglio lo stato di fatto. E' un dato, alquanto triste, che buona parte della nostra educazione venga svolta sottolineandoci gli errori che compiamo, piuttosto che elogiando le cose buone che facciamo. E' ovvio che crescendo introiettiamo il genitore normativo (secondo l'analisi transazionale o ci costruiamo un super-ego secondo la psicoanalisi.. poco importa), quella "vocina" interiore sempre pronta a criticare, a sottolineare gli aspetti negativi, rispetto a quelli positivi.
E' ovvio che in questo modo, più che essere "sostenitori " di noi stessi, diventiamo i nostri più acerrimi nemici: ci critichiamo per ogni piccola cosa, non siamo neppure in grado di riconoscerci tutte le piccole cose positive che facciamo o abbiamo fatto: semplicemente le svalutiamo con le scuse più futili...era mia dovere...era una cosa che chiunque avrebbe saputo fare... era cosa banale... ecc.
Purtroppo quando siamo così severi ed intransigenti con noi stessi, tendiamo ad esserlo anche con gli altri, il che non semplifica i rapporti, anzi tendiamo ad erigerci a giudice di ciò che l'altro compie, seguendo esclusivamente i nostri parametri. Se lavoriamo 15 ore al giorno per un senso di inadeguatezza, poi colpevolizziamo chi lavora le 8 ore canoniche, tacciandolo di essere un lavativo e così via...
Molti di noi purtroppo non sanno volersi bene e perdonarsi per il fatto di essere imperfetti e quindi diventano estremamente rigidi con se stessi: non si danno mai una gratificazione, morale o materiale che sia, sono sempre pronti a criticarsi anziché a sostenersi e darsi auto-appoggio.
La critica fine a se stessa, quella del genitore interno (potevi fare di più, meglio, potevi stare più attento) non è una critica costruttiva, porta solo a un indebolimento dell'immagine del sé, ad una scarsa autostima e ciò non è utile né per la persona, né per chi gli sta accanto.
Volersi bene significa mettersi al primo posto nella nostra scala di valori esistenziali: mettere al primo posto i nostri bisogni rispetto a quelli degli altri ed evitare inutili critiche, a meno che non siano costruttive.
All'apparenza può sembrare un discorso egoistico ed egocentrico, ma nella realtà si rivela ben più proficuo per noi e per gli altri.
Ad es. se io metto al primo posto un'altra persona che non sia io stessa, poi cercherò di soddisfare i bisogni dell'altra prima dei miei... ma non è dato sapere quali siano i bisogni prioritari dell'altra persona e nel frattempo trascuro i miei, aspettandomi che l'altro, considerato il mio sforzo, si attivi per far fronte ai miei...
Quello che molto spesso accade, non essendo possibile la lettura del pensiero altrui, è che noi ci sforziamo per soddisfare bisogni dell'altro, che dall'altro non sono vissuti come tali, ma sono solo nostre proiezioni su ciò di cui l'altro avrebbe bisogno/necessità, nel frattempo trascuriamo noi stessi, ma poi pretendiamo che il fatidico "altro" si faccia carico di ciò di cui abbiamo bisogno....
Credo che già il bisticcio di parole renda chiara l'idea della situazione alquanto complessa in cui ci andiamo a porre assumendo un tale atteggiamento.
Volersi bene, mettersi al primo posto, non è indice di egocentrismo o egoismo: è il primo passo per stare bene con se stessi e col mondo, è il primo passo per mantenere le nostre energie al massimo in modo tale da averne a disposizione anche per gli altri... Da una batteria scarica non si ricava niente, né per sé, né per chi ci sta attorno....volersi bene, proteggersi e sostenersi è il primo grande passo che possiamo fare per potere essere di aiuto anche agli altri, per poterli amare nel vero senso del termine.
Chi non sa amare se stesso con i propri limiti, come potrà accettare quelli degli altri?
Preferisco comunque la frase "Ama il prossimo tuo come te stesso" anche se non sono religiosa: mi piacerebbe tanto che molte persone riflettessero sul significato profondo insito in questo comandamento. A parte qualche psicopatico, nessuno di noi tratta il prossimo come se stesso: critiche, squalifiche, non conferme e chi più ne ha...più ne aggiunga! Nessuno tratterebbe il proprio miglior amico come tratta se stesso... E questo è volersi bene???
Il mio articolo, come anche quelli che potete trovare sul mio sito, non sono rivolti agli "addetti ai lavori" ma vogliono essere solo uno spunto per riflettere o pura e semplice informazione.
Ringrazio tutti quelli che hanno avuto la costanza di leggere fino all'ultima riga e anche quelli che si sono arrestati prima, con la speranza comunque di aver trasmesso un messaggio di amore che ognuno di noi deve a se stesso... se vuole esserci come presenza attiva nel confronto degli altri.
D. C.
PS: Permettetemi ancora una regola che io vado dettando a tutti i miei pazienti/clienti (tutto dipende dal loro grado di pazienza: tanta pazienza=pazienti, poca pazienza=clienti :) )
Non permettere a nessuno, soprattutto a te stesso, di farti del male! "
http://www.cuorinellatormenta.it/spazio_d
Iscriviti a:
Post (Atom)