Leggevo un commento di de Andrè su di una sua canzone, Anime Salve:
"Quel ripetere 'gli ultimi saranno i primi' forse non voleva essere una profezia metafisica. Ieri cantavo i vinti, mentre oggi canto i futuri vincitori: quelli che coltivano la propria diversità con dignità e coraggio. I nomadi, per esempio, e tutti quelli che attraversano i disagi dell'emarginazione senza rinunciare ad assomigliare a se stessi. Sono loro, saranno loro, i vincenti. Perchè muovono la Storia. I perdenti sono le persone che più mi affascinano. Per me dietro ogni barbone si nasconde un eroe. E' la fuga dal branco che ci porta a maturare spiritualmente. Così la solitudine diventa una possibilità di riscatto. E forse la vita, più che una corsa verso la morte, è una fuga dalla nascita."
Uno "stupido" test diceva che la canzone di de Andrè che più mi rassomiglia è proprio "Anime Salve": "Sei una persona buona. Sei dolce, romantico, tenero, sognatore; ami al 100% ed in modo appassionato e completo. Soffri con facilità perchè per te il sentimento conta più di tutto: ciò che dai è tantissimo ma spesso non riesci ad averlo indietro del tutto. Il tuo amore e la tua capacità di donarti non hanno limiti: chi ti ha al fianco si sente un re perchè sei fedele, leale, generoso e sincero in ogni azione e parola."
Tralasciando il sempre giusto "prendere con le molle" qualunque cosa venga riferito da chissàchi, capaci solo di aumentare l'ego e di sparare speranze e fantasticherie strane ...
molte di queste parole le avevi dette tu, a me, quando avevi ribattuto, e ti eri messa sullo stesso mio piano, alla domanda su cosa mi piacesse di te.
Ho ripreso il nostro "libro", dove avevo annotato molti dei nostri messaggi e delle corrispondenze, per ritrovare quelle stesse parole ... e tanto altro dolore ... erano mesi che non l'aprivo.
Ho improvvisamente rivangato uno dei tuoi ultimi pensieri da rivolgermi: "Devi conoscere le persone".
Sembra che tu mi conoscessi, dato che mi hai descritto con parole simili a quelle del presunto test.
Alla lunga, quando la nostra relazione volgeva al termine, ho intuito qualcosa di te. Usare la parola "capito" sarebbe troppo. Perchè pensavo di capirti, e quindi di conoscerti, sulla base di ciò che mi raccontavi e che mostravi. Sono stato molto brusco anche al telefono, una delle ultime volte.
Non eri veramente innamorata di me.
Volevi davvero stare sola.
Comunque, desideravi e per questo cedevi. (Chissà se ti accontentavi di me, io certamente, non di te).
Sapevi che mi avresti fatto tanto male.
Tutto ciò che io ti donavo, dovevo volgerlo ad altre donne.
Queste parole, mi facevano star male.
Quando ti sei allontanata, mi sono sentito perso ed enormemente tradito nella fiducia.
L'elemento fondamentale che, più di ogni altra cosa, una persona che ha a che fare con uno come me, deve sapersi conquistare.
Quando conquisti questo, non fai che aprire serrature su serrature. Probabilmente, credevo l'avessi conquistata ma ... tante e tante volte ... le cose che avrei voluto esprimere ... le ho represse ... a volte perchè non mi davi spazio e quando lo facevi ... in seguito mi "bastonavi".
Le mie erano attenzioni sincere, è vero nate da un tuo momento di difficoltà.
Forse sai che il mio modo di intraprendere una relazione sentimentale è difficilmente complicato: ho davvero tanta paura a manifestare in generale, poi interesse, verso una donna.
Devo percepire corrispondenza o tutto diventa ancor più difficile. Questo mi blocca e mi fa andare in palla.
So per certo che tu mi interessavi già da prima, te lo dissi altre volte.
Con te, non sarei mai riuscito a provarci perchè non l'ho fatto finora in vita mia: non mi ritroverei senza una donna da 29 anni e mezzo.
Non avevo e non ho bisogno di termini di paragone. Basta ciò che qualcuno suscita in me perchè sono estremamente empatico.
Potrei stare anni e anni silente, aspettando a vedere quella spinta interiore agire e, quasi sempre, non si esprime mai. La affosso, la reprimo, piuttosto che manisfestarla, questa spinta.
Abituato all'idea che, tanto, uno come me, non ce la può mai fare con le donne. Abituato a pensare a quanto rinfacciatomi. Abituato all'idea inculcata che, tanto, dico solo cose senza senso e non degne di essere ascoltate. Per questo, faccio fatica a far decollare una conversazione con persone poco familiari e, quando succede, è perchè è una condizione molto particolare.
La stessa spinta interiore (prontamente repressa) che ieri mi ha pervaso e che alla quale ho resistito solo perchè ho "razionalizzato" che non ti interessavo. Tante cose che volevo dire e fare ... auto-bloccate ... tanto non sarebbero servite a cambiare le cose. Le avevi prontamente, precedentemente, ribadite.
La nostra relazione non mi aiuterà a risolvere il problema, probabilmente lo avrà accentuato perchè porta maggiori paure.
Sono cosciente delle mie capacità, so che posso essere un buon compagno di vita, sono stato bravo in quel poco che sono riuscito a mostrare. Ma non era il massimo della mia espressione e adesso non trovo una valvola di sfogo.
Quest'incapacità mi strugge ancor di più.
Inconsciamente, mi spingo ad agire in solitaria per amare e dare fiducia all'unica persona che possa capirmi e rendermi contento, forse non felice: me stesso.
Perchè, consciamente, desidero che un "altra" sia a quel posto.
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