venerdì 13 marzo 2009

La cura

Ciò che sto per scrivere è basato su una lezione (quindi, da un approccio molto razionale) frequentata mercoledì al corso per i volontari soccorritori.
Alcuni concetti e modi di approcciare la persona da soccorrere, che sono stati detti quella sera, si sovrapponevano alle mie osservazioni e riflessioni degli ultimi due anni.
Non nego di esser uscito, alla fine della lezione, un pò toccato.

Queste parole erano RELAZIONE, PERCEZIONE, SPERANZA, AFFIDARSI, PRENDERSI CURA, CONTENIMENTO EMOTIVO, CAPIRE.

Tutte parole che hanno avuto a che fare con la mia distruzione interiore degli ultimi due anni.

RELAZIONE: mi aveva detto che questa parola, scritta in una lettera che lei considerava bellissima, era stata usata in maniera impropria e sbagliata perchè la nostra non poteva (o doveva?) definirsi una relazione.

PERCEZIONE: uno dei verbi maggiormente usati da me per descrivere la sua presenza continua nella mia mente, solo che le percezioni di lei si concretizzavano veramente, essendo accadute diverse volte.

SPERANZA: ciò in cui credevo molto; qualcosa a cui lei non dava credito a parole, ma che alimentava pesantemente con i fatti, con i gesti, con le azioni (fisiche).

AFFIDARSI: si rivolgeva a me ogni qual volta si trovava in profonda difficoltà, come è stato il giorno in cui c'è stata la svolta nella nostra amicizia, quel giorno in cui io la vidi fortemente scossa nel corridoio del piano dove lavoravamo; oppure, di ritorno dal lago di Garda, fermandomi a Verona per far visita alle mie sorelle, lei mi cercava disperatamente scrivendo "Dove sei ho una crisona" perchè aveva visto una coppia di amici, sposati, con il loro piccolo; infine, nel giorno del mio compleanno, quando una settimana prima mi aveva detto che la nostra "cosa" doveva finire e invece si ripresentava li da me per raccontarmi che il suo ex, uscito con lei ed il loro piccolo, ad un bar attaccava bottone con la cameriera.

PRENDERSI CURA: lavata, coccolata, protetta e guardata durante il suo sonno.

CONTENIMENTO EMOTIVO: un uomo non deve piangere, soleva dirmi perchè diverse volte mi aveva visto piangere in sua presenza: succede perchè sono molto empatico e mi immedesimo nelle difficoltà altrui e quando vengono manifestati i sentimenti umani.

CAPIRE: un intercalare da me pronunciato eccessivamente durante il nostro primo incontro, troppo preso dall'emozione e dalla foga di distruggere quel muro che circonda la mia interiorità. Prontamente, mi fece notare che dire "capisci?" ad una persona pesasse molto e sembrasse quasi di trattarla come una deficiente.


Un soccorritore deve saper controllare le sue emozioni, non esprimerle, contenersi.
Come ha fatto notare l'insegnante (una psicologa di professione) bisogna immedesimarsi per prendersi cura del paziente, ma farlo con un piede dentro ed uno fuori.
Ritorna così un' altra mia osservazione, che aveva suscitato la curiosità di "qualcuno" che non vedo da molto tempo: il distacco emotivo nelle relazioni di coppia.
La psicologa, infatti, aggiungendo: "come in qualsiasi relazione nella vita di tutti i giorni".

Allora, ci avevo azzeccato.

Mi disturba pensare che bisogna nascondere le proprie emozioni nei rapporti sentimentali, altrimenti che c'entra l'aggettivo "sentimentali"?
Comprendo, in una situazione difficile come in un soccorso, che farsi prendere dalle emozioni comporti un peggioramento della qualità d'intervento ... ma nella vita di tutti i giorni no, perchè per come sono fatto io, vivo e sento moltissimo le mie emozioni, sono il mio modo principale e naturale di comunicare non-verbalmente.

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