mercoledì 24 novembre 2010

Psicologia di una vaschetta d'alluminio

Una comunissima vaschetta d'alluminio come da fotografia può svelare i segreti sulla personalità di ciascuno di noi?

Lavoro in un ambiente di ricerca scientifica e, qualcuno dei miei colleghi, ha avuto la geniale idea di ricavare il profilo di personalità di ciascuno di noi in base all'uso di questo contenitore prima di essere gettato tra i rifiuti.

Sembrerà pazzesco, ma i risultati ottenuti sono stati perfetti.

Io ed i miei colleghi siamo soliti ordinare il pranzo da un catering esterno.
Finito il pranzo, abbiamo notato che ognuno di noi fa un uso particolare della confezione. C appoggia senza chiudere giusto il coperchio di cartone; lo stesso fa l'altro C, abbondando l'interno di altri rifiuti. D e S piegano leggermente le pareti lunghe, ma sostanzialmente la confezione risulta simile a quella degli altri due e non lasciano il coperchio. A, invece, piega completamente prima le pareti lunghe, poi quelle corte e lascia uno spiraglio centrale da cui fuoriesce il tovagliolo.
Infine, ci sono io. La mia confezione risulta completamente chiusa e nulla trapela dall'involucro, che ormai è diventato un tappeto metallico.

Trarre le conclusioni è semplicissimo: S ha correlato i differenti modi di trattamento con la personalità di ciascuno di noi, rivelando come chi lascia la vaschetta intatta e libera di contenere altro è una persona accogliente, aperta ed espansiva.
Chi la piega, è una persona chiusa che lascia trapelare poco di sè, anche se mantiene degli spiragli di ricezione (il tovagliolo che spunta verso l'esterno).
Chi, poi, compatta a sottiletta senza lasciare spiragli è, testuali parole, "chiuso a riccio".
Io.

Ovviamente, tutto è uno scherzo ma anche questi, come le leggende, nascondono un pesantissimo fondo di verità.

Traccia libera

Il mio voto medio agli scritti d’italiano era sempre attorno al cinque. Ricordo bene le uniche due volte in cui ho ricevuto voti soddisfacenti: sono accadute in terza media e in seconda liceo. Erano temi che non prevedevano il commento ad un brano letterario; erano tracce che riguardavano gli interessi personali: il programma tv preferito e il tempo libero, rispettivamente. Quest’ultimo scritto lo ricordo particolarmente bene perchè la mia professoressa era solita lasciare un commento, prima di segnare quel numero con il suo pennarello rosso. Scrisse: “Finalmente, questo è l’Andrea che voglio vedere uscire dagli scritti. 7 e mezzo”.


Allora, non avevo una precisa idea di come organizzare un tema, non sapendo dare corpo alle idee. Vivevo costantemente l’esperienza del “non so cosa scrivere”, ma era vero! Giravo attorno alle parole della traccia, parlando in modo generale e senza apportare un mio pensiero, una mia emozione o un’esperienza vissuta direttamente in prima persona. Riguardandomi con gli occhi di oggi, posso certamente affermare che ero incapace. Non sapevo affatto cogliere il vero senso di quelle tracce e non avevo affatto vissuto il mondo che mi circondava. Ero terribilmente passivo.

Quando è successo di sapere cosa scrivere, “stranamente” ottenevo risultati sorprendenti.

È una costante: meravigliarmi per qualcosa di estremamente N O R M A L E, quale è esprimersi.

Per me, non è affatto normale.

Lo dimostro in questo periodo. Sto vivendo in modo particolarmente chiuso da molte settimane. Non ho voglia di stare vicino a nessuno, ne in casa ne al lavoro; se capita di organizzare un’uscita con gli amici-colleghi, non dico di no a priori ma, una volta con loro, non apro bocca. E si che lo notano. Se anche provassero a chiedermi qualcosa su come sto, glisserei e direi che non c’è nulla di particolare che mi sta capitando. Al lavoro, da quando entro fino a quando esco, piego la schiena sotto cappa, lo faccio anche male, e non vedo gli altri.

Probabilmente, ho quella voglia di esprimermi come in quei due temi, ho voglia di parlare di me ma l’ambiente e le persone con cui mi frequento, in questo momento, non riescono a soddisfare il mio desiderio.

Mi ritrovo ancora una volta a "non saper cosa ... dire".

domenica 14 novembre 2010

Vecchi dialoghi

Un fine settimana all'insegna delle pulizie generali in casa, terminati poco fa con il risistemare l'insieme di cartacce che mi porto dietro da tre traslochi (intendasi città) a questa parte.
Dallo spulciare una quantità non esagerata di libri, carte di viaggi e documenti, ho ritrovato un vecchio dialogo avuto con il mio carissimo amico (nonchè padrino di cresima), Davide, che ho avuto la fortuna di conoscere durante il mio periodo ferrarese. Un dialogo che è avvenuto più di due anni e mezzo fa.
Un dialogo strettamente privato, che riguarda me come centro del discorso.
Prima di buttar via queste carte, ho pensato di voler riscrivere e tenere a memoria digitale alcuni punti più significativi.

D.: ultimamente non ti ho neanche chiesto di come procede con la psicologa, se ci sei tornato e cosa hai deciso di fare, visto che era forse l'ultima volta ...
A.: non questo lunedì, ma quello precedente, ne sono uscito un pò "anestetizzato"; infatti, l'altro giorno sono andato da lei con un pò di preoccupazione ma alla fine è stato un incontro fruttifero, ho inteso alcune cose importanti, alle quali prima non davo molta importanza anche se apparentemente le percepivo e non le applicavo nella maniera corretta. Sono un pò criptico, vero?
D.: criptico ... sei Andrea, quindi è così, ma io ho capito ciò che vuoi dire, o almeno credo ...
A.: non riguarda solo la storia con Tatiana ... si, quello ha un bel peso ma voglio gestirmi un pò meglio, probabilmente prima non lo facevo abbastanza
D.: immagino che tutto quello che viene fuori non graviti attorno a quella storia, magari quello è stato il motivo principale, ma già che ci sei ti serve a fare chiarezza, va benissimo ...
A.: probabilmente, davo per "scontato" un pò di cose, si ...
D.: l'unica cosa che mi viene da dirti, fuori dai denti, senza fare troppi giri di parole (altrimenti non sarei io!!!) è questo: non devi continuare ad andare dalla psicologa solo per riuscire a tirare fuori delle cose che hai dentro, nel senso ... è sicuramente utile ed un buon metodo iniziale, soprattutto per i risultati che sta dando, ma prima o poi "devi imparare" a farlo con le persone che hai attorno ... spero di essermi spiegato ... non per forza con me o la Linda ... ma tutte le persone che ti stanno e che senti vicine, anche per un breve lasso di tempo ... perchè, se il momento lo permette, credo che qualsiasi chiacchierata con una persona che ha voglia di ascoltarti sia importantissima ... anche se non ti conosce più di tanto ... o almeno a me capita, quindi credo possa valere per tutti ...
A.: sento però delle difficoltà oggettive, probabilmente prima di tutto è quella di esprimere pienamente le mie emozioni ed i miei sentimenti. So che non posso prendere la psicologa come l'unica persona con cui sforzarmi a fare queste cose, come anche te e la Linda, che siete le prime persone ... dovrò vedermela da solo
D.: si, così a naso è la principale ... ma visto che mediamente fai fatica ad aprirti credo sia normale ... però, anche se tu non hai tutta questa confidenza con delle persone, se hai bisogno di parlare, non devi mica partire da zero e raccontare tutto ... basta solo quel pò per farti capire ... poi, magari, se si deve creare un bel rapporto di dialogo, amicizia o quant'altro viene da se ...
A.: si, comprendo ciò che dici. E' comunque una forma di "difesa", di protezione, riesco a parlare apertamente (secondo il modo tutto personale di concepire questo termine) solo con persone di cui mi fido tantissimo. Non è un caso che questo sia avvenuto raramente finora, sono giusto poche persone
D.: sono consapevole di questo, del fatto che fai fatica ad aprirti ... però, devi cercare di farlo di più, soprattutto se non vuoi rischiare di ritrovarti nella condizione in cui eri qualche mese fà.

Per fortuna, la condizione in cui mi trovavo qualche mese fa a cui fa riferimento Davide, non l'ho più vissuta.
E' rimasta soltanto la difficoltà nell'aprirmi. Devo dire che ho fatto qualche passo in avanti, ora riesco a confidarmi di più anche con persone con cui ho un rapporto meno stretto od anche occasionale.
Mi fa strano ogni volta che mi capita: mi sembra di vivere un piccolo miracolo, qualcosa di inimmaginabile ed incredibile, senza pensare che certamente si tratta di pura quotidianità, qualcosa che avviene sempre e che io percepisco come un evento di proporzioni colossali.

Succede anche questo.
Altrimenti, non sarei Andrea.

sabato 13 novembre 2010

La mia vera paura

Oggi, per la prima volta, ho commentato il post di un altro blog.

Seguo i suoi scritti da qualche mese perchè li trovo interessanti, a volte mi immedesimo nei suoi pensieri e nelle sue ansie.

Questa persona ha paura di un cambiamento che, spero per lui, possa verificarsi al più presto.

Ho imparato che cambiare non deve essere motivo di paure: stimola la crescita personale, mi aiuta ad affrontare e superare le difficoltà che mi creo con il pensiero ed anche quelle oggettive.
Io sono sempre più convinto che, inconsciamente, tutti gli uomini abbiano un "codice di sopravvivenza" regolato da geni, che si attivano nel momento in cui stiamo entranto in un'area di turbolenze. Se siamo bravi a farci guidare da questo istinto, usciremo fuori dai problemi e dalle paure, prima o poi. Dobbiamo solo seguire l'istinto di sopravvivenza.

Per quanto mi riguarda, sulla base delle mie esperienze ho scorporato l'oggetto cambiamento in due grossi insiemi: cambiamenti indipendenti e cambiamenti dipendenti dagli altri.

Dei primi, oramai ho pieno controllo e l'ultima esperienza vissuta, cioè il trasferimento da Siena a Genova, è stato il fatto che ha definitivamente sancito la mia totale autonomia decisionale.

Delle seconde, invece, purtroppo ho ancora molto da imparare e da gestire.
Questo tipo di cambiamenti li desidero ma non riesco a realizzarli.
La mia più grande paura è quella di rischiare quando in mezzo ci si trovano persone che ruotano attorno al motivo del cambiamento desiderato.
La paura più grande riguarda il rischio nel dichiararsi alla persona verso cui si prova interesse: è enorme, ed è tale da generarmi un'infinità di paure e di bloccarmi totalmente.

Dicevo a Enzo: la novità è sempre un grosso stimolo per affrontare il cambiamento; il cambiamento aiuta a scoprire meglio chi siamo, perchè ci mostra aspetti a cui prima di questo momento magari non avevamo mai minimamente pensato; affronta il cambiamento senza grilli per la testa e goditi momento per momento tutte la novità che si presenteranno, lasciandoti trasportare dall'istinto.

Spero quanto prima di realizzare quel cambiamento che sto ricercando da molto tempo.
Vorrei che i due insiemi convergano in un unico grande contenitore per sentirmi pienamente soddisfatto.