Personalmente, ritengo importanti quattro aspetti della vita: il lavoro, il giusto guadagno, l'ambiente (sociale e territoriale) e la famiglia.
Non saprei dare l'esatto ordine di priorità a questi bisogni ... almeno non a tutti.
Di certo, sento che il bisogno primario è la famiglia.
Dovrei esprimermi meglio, in verità: non esclusivamente la famiglia intesa come madre, padre e fratelli; principalmente, l'altra metà.
Sarà che ho un grande desiderio di avere vicino a me una compagna, che finora non sono riuscito a trovare (quanto meno, avevo creduto di averla trovata).
Questi aspetti li ho scoperti alcuni mesi fa quando mi sono trovato di fronte ad un importantissimo bivio:
- scegliere un lavoro che mi avrebbe dato una retribuzione maggiore, la possibilità di costruirmi un futuro e stabilità, al prezzo di rimetterci nella qualità, imprevedibilità e professionalità; un lavoro, però, che mi avrebbe riportato nella mia terra adottiva, nuovamente in mezzo ai miei pochi ma preziosi amici e "familiari" acquisiti, alle mie abitudini e passatempi conquistati con notevoli difficoltà; senza purtuttavia avere una persona che mi desiderasse ... o con l'illusione e la paura di riallacciare una relazione inesistente con una persona che io amavo.
- oppure, restare dove sono: con un lavoro soddisfacente, seppur con una retribuzione contenuta rispetto all'alto tenore di vita in cui vive la città; città dove ancora non ho un vero amico ne vita sociale (avevo tentato di trapiantare le mie vecchie abitudini ma non sono riuscito a farle funzionare); città che non sento come "mia", come non sento accoglienti le persone che la abitano; e dove continuo a non trovare una ragazza.
Dopo molta sofferenza, ho scelto di restare dove sono.
Di certo, so che sono andato contro ogni mio desiderio, ogni mio suggerimento del cuore e della mente, contro persino la monetina!
Ho scommesso sulla novità, sulla "verginità" del luogo e dei suoi abitanti, sul lavoro.
Forse è un modo del tutto irrazionale per definirlo come tentativo di "ristrutturazione interiore" o di "messa in discussione".
Sono passati otto mesi ed il lavoro comincio a percepirlo soddisfacente, seppur con una retribuzione contenuta; vivo in una città dove ancora non ho un vero amico ne vita sociale (a mala pena, riesco ad andare due volte a settimana in piscina); città che non sento come "mia", capace di darmi un futuro e non sento accoglienti le persone che la abitano.
E dove continuo a non trovare una ragazza.
Difficile realizzare contemporaneamente tutti questi bisogni...
Sarebbe corretto pensare che ragioni idealisticamente...
Eppure, oggi è successo. Ad un mio collega di lavoro. Si è dimesso dall'azienda e così: svolgerà un lavoro appagante (e forse maggiormente) e molto meglio retribuito; ritornerà nella sua terra d'origine, dove l'aspetteranno la famiglia, la sua donna, realizzando con lei un futuro in comune, i suoi amici. Avrà la possibilità di prendersi nuove responsabilità e fare qualcosa di eccezionalmente importante: crescere.
In un colpo solo, lui è riuscito a soddisfare contemporaneamente i miei quattro bisogni! Sono tanto contento per lui! Davvero felice perchè potrà realizzare tutti i suoi più intimi e reconditi desideri e perchè è stato davvero bravo e fortunato!
Ha dimostrato che l'idealità può trasformarsi in realtà.
La mia sensazione non posso chiamarla "invidia".
Soltanto, "indivia".
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